DIZIONARIO BIBLICO - Fratiminoriosimo.it

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DIZIONARIOBIBLICOM-ZDiretto da Francesco SpadaforaOrdinario di Esegesi nella Pontificia Università del LateranoSTUDIUM 1963IMPRIMATUR Aloysius FaveriEpiscopus Tiburtinus2-4-1963AB

AB

MMACCABEI (I e II libro dei). - Dal soprannome (Maccabeo, spiegato comeequivalente a Martello oppure, forse meglio, a Designato o Designazione di Iahweh,supponendo in ebraico un maqqabhiahù da naqabh) del principale promotore della rivoltaantiseleucida si chiamano libri dei M. o maccabaici gli scritti canonici, che narrano talelotta o fatti ad essa connessi. Per estensione il termine viene usato anche per tutti imembri della famiglia del sacerdote Mattatia e per gli altri personaggi che hanno una parterilevante nel racconto (cf. i 7 fratelli M.).La Chiesa riconosce solo due libri ispirati; essi fanno parte dei deuterocanonici,perché mancano nel canone ebraico e quindi presso quasi tutte le confessioni acattoliche.I due libri non costituiscono un'opera unica; anzi con molta probabilità sonocompletamente indipendenti fra loro. Il primo abbraccia un periodo di circa 35 anni dallaspedizione in Egitto di Antioco IV con una breve notizia alla sua successione al regno sinoall'assassinio di Simone, figlio di Mattatia; il secondo comprende solo una quindicinad'anni, dalla missione di Eliodoro alla vittoria su Nicanore.Il I Mach. si divide facilmente secondo i vari protagonisti. Nell'introduzione (1, 1-2. 70) siaccennano alle cause dell'insurrezione, presentando il proposito di Antioro IV diellenizzare i Giudei (1, 11-64), quindi si descrivono le prime resistenze di alcuni gruppigiudaici e specialmente di Mattatia e dei suoi cinque figli (2, 1-70). Segue il racconto dellarivolta guidata da Giuda M. (3, 1-9, 22), che sconfigge Apollonio (3, 10-12) e Seron (3, 1326), ufficiali subalterni del regno seleucida. La sua fama cresce con le vittorie di Emmaus(3, 38-4, 25) e di Bethsur (4, 25-35), che permisero la riconsacrazione del Tempio, giàprofanato dai pagani (4, 36-61). Seguono le battaglie contro le popolazioni vicine (5, 1-68)e contro Lisia (6, 18-63). Dopo la morte di Antioco IV (6, 1-17), Giuda, vittorioso contro glieserciti di Demetrio I (7, l-50), si allea con i Romani (8, 1-32); ma poco dopo muore incombattimento (9, 1-22).Gli succede a capo della lotta il fratello Gionata (9, 23-12, 54), che combatte consuccesso contro Bacchide (9, 23-73), viene a trattative vantaggiose col pretendenteAlessandro Bala (10, 1-66), resiste al nuovo pretendente Demetrio II (10, 67-85),occupando Ascalon (10, 86-89), mentre Alessandro viene sconfitto da Demetrio (11, 1-19),che si mostra generoso con Gionata (11, 20-27). Segue una breve relazione sull'attivitàdiplomatica. Gionata riconosce il nuovo re Antioco VI, sostenuto da Trifone (11, 38-74) erinnova l'alleanza con i Romani e gli Spartani (12, 1-23). Dopo altri successi controDemetrio e le città filistee (12, 24-38), egli è fatto prigioniero da Trifone (12, 39-53).Simone (13, 1-16, 24), che succede al proprio fratello, ricattato da Trifone che ucciseanche Gionata (13, 1-30), si mette in relazione con Demetrio II (13, 31-40), cercando diottenere la massima indipendenza della Giudea (13, 41-14); rinnova l'alleanza con iRomani e gli Spartani (14, 16-24), governando in modo da riscuotere la gratitudine dei

suoi sudditi (14, 25-49). Il nuovo re Antioco VII intende rivendicare i suoi diritti su la Giudea(15, 1-36), ma la sua spedizione militare fallisce (15, 37-16, 10). Narrato l'assassinio diSimone, commesso dal genero Tolomeo (16, 11-22), si accenna al governo del figlioGiovanni Ircano (16, 23 s.).Fra i libri storici della Bibbia il I Mach. corrisponde meglio di qualsiasi altro al concettodella moderna storiografia; pur non celando il suo entusiasmo per l'attività degli insorti ed ilfine religioso dell'opera, l'autore si basa su ottime fonti storiche e su la cognizione diretta dimolti episodi. Con raro senso storico inserisce, trascritti con fedeltà, importanti documentiufficiali (5, 10-13; 8, 23-32; 10, 18 ss., 25-45; 11 30-37; 12, 6-23; 13, 36-40; 14, 27-45; 15,2-9, 16-21): La sua attendibilità è garantita; ma non si deve dimenticare il particolare puntodi vista, che naturalmente gli fa proferire giudizi incompleti e unilaterali sui nemici delpopolo ebraico (cf. i profili di Alessandro Magno e di Antioco IV). Molto apprezzata è,invece, la sua precisione nei dati cronologici e topografici.Quest'ultima caratteristica insieme alla vivezza del racconto è indizio che l'autore eraun palestinese contemporaneo, il quale godeva una posizione vantaggiosa negli ambientigerosolimitani. Molti esegeti lo pensano un fariseo od, almeno, un assideo; ma dall'esameinterno, tale deduzione non si impone. Senza dubbio egli era favorevole ai M. e alladinastia asmonea e di spirito profondamente religioso, anche se evita qualsiasidigressione parenetica o teologica. Ciò risulta dal suo modo di concepire la storia, di cuiautore primo è considerato Iddio, che per un religioso rispetto non viene mai nominato. Ilsuo nome è sostituito dal pronome personale o, più frequentemente, dal vocabolo "cielo".È impossibile precisare la data di composizione del libro: come limiti massimi sipossono assegnare gli anni 135 e 63 a. C. Il primo come terminus ante quem è richiestodalla breve notizia sul governo di Giovanni Ircano, che iniziò proprio in tale anno; laseconda data come terminus post quem è suggerita, per non dire imposta,dall'atteggiamento di ammirazione e di stima per i Romani (8, 1 ss.); tale simpatia e lasperanza nel loro aiuto sono inconcepibili in un giudeo dopo l'occupazione diGerusalemme e la profanazione del Tempio da parte di Pompeo Magno (63 a. C.). Da altriindizi (cf. 13, 30; 16, 2 s.) e specialmente dal fatto che l'autore si mostra un testimoniooculare si può restringere tale periodo agli anni 135-100, lasciando maggiore probabilità aiprimi anni del regno di Giovanni Ircano, ossia verso il 130 a. C.Il libro fu scritto in ebraico, o per lo meno in semitico, come traspare dallo stile. Origene(in Eusebio, Hist. eccl. VI, 25, 2) ne riporta anche il titolo in ebraico. Ora noi abbiamo soloil testo greco, di solito conservato bene nei vari codici, e le traduzioni che derivano daesso. Fra queste è notevole la vetus latina, di cui esistono diverse recensioni condifferenze anche molto sensibili.Il 2Mach., nella prefazione dell'autore (2, 19-32), si presenta come un' sunto di cinquelibri storici di Giasone di Cirene. Ad esso è premessa una raccolta di documenti particolari(1, 1-2, 18).Il libro si può dividere in due grandi sezioni (3, 1-10, 9 e 10, 10-15, 37). Nella primasono compresi gli avvenimenti anteriori alla purificazione del Tempio, ossia la missione di

Eliodoro (3, 1-40), gli intrighi dei sommi sacerdoti di Gerusalemme (4, 1-50), lapersecuzione di Antioco IV (5, 1-10), che profana il Tempio (5, 11-26) ed incrudeliscecontro i fedeli alla legge mosaica (6, 1-7, 42), la sconfitta di Nicanore (8, 1-36), la morte diAntioco (9, 1-29) e la purificazione del Tempio (10, 1-9). Nella seconda sezione si narranole varie lotte di Giuda contro i popoli vicini (10, 10-38) e contro Antioco V (11, 1-13, 26);infine il libro si dilunga nel descrivere la missione di Nicanore (14, l-11), la sua amiciziacon Giuda (14-, 15-25), la sua azione contro questi (14, 26-33) e, dopo l'episodio delsuicidio di Razia (14,37-46), la sua morte (15,1-36). I vv. 15, 37-39 costituiscono un breveepilogo.Nonostante le molte congetture, non si è riusciti a conoscere nulla intorno a Giasone diCirene, di cui non si hanno notizie attendibili fuori delle poche parole dell'autore del2Mach. Per questo non possiamo formarci nessuna idea precisa circa la relazione fra loscritto particolareggiato dell'ignoto scrittore giudeo-ellenista ed il nostro libro. Il 2Mach.differisce molto dal primo. Innanzi tutto esso fu composto certamente in greco, ed in unostile ampolloso e ricercato, con evidenti segni per l'effetto. Traspare la retorica, che talvoltane rende la lettura difficile ed ostica ed una traduzione quasi impossibile. I vocaboli strani,l'enfasi, i paragoni arditi e ben studiati, tutto denota un assillo costante nell'autore perottenere un'opera letteraria. La ricercatezza è palese anche nella disposizione dellamateria. Oltre a tali particolarità puramente stilistiche, se ne notano altre, che non nediminuiscono 1'attendibilità storica, ma ne rendono molto difficile l'esegesi. L'autore sidiletta di racconti miracolosi, ama numeri iperbolici e mostra una costano tepreoccupazione teologica per spiegare le sofferenze del popolo. Trascura i dati geograficie cronografici e riduce al minimo l'uso diretto di documenti ufficiali (cf. 9, 19-27; 11, 17-38);Il suo pensiero è rivolto alla santità del Tempio e della Legge. Per questo, mentre il IMach. preferisce descrivere la storia militare-politica, esso indugia a narrare la protezionedivina sul Tempio (3, 24 ss.) e gli atti d'eroismo individuale in omaggio alle prescrizionilegali (6, 18-7; 42).Tuttavia, nonostante differenze così radicali, i due libri nella materia comuneconcordano negli elementi essenziali, confermandosi a vicenda, poiché non è affattosicura una loro dipendenza letteraria. In modo particolare, il secondo completa il primo conle sue preziose informazioni circa i partiti in Gerusalemme e l'attività, ben poco dignitosa,di alcuni sommi sacerdoti. Perciò anche storicamente esso è di grande importanza;mentre è ricchissimo di insegnamento teologico. La creazione dal nulla (7, 28) e laresurrezione dei corpi (7, 11 s.; 14, 46) sono asserite con una chiarezza, che invano siricerca in altri libri del Vecchio Testamento. Altre verità come il sacrificio per i morti,l'efficacia della preghiera dei santi per i vivi (cf. 12, 43 s.; 15, 12-16), costituiscono novitàpreziose nella rivelazione.Non si conosce l'anno della composizione del libro. Se Giasone ebbe le sueinformazioni per via orale, non è lecito pensare a una data troppo posteriore al 161-160 a.C. ossia dopo la morte di Antioco V. Più delicata è la questione circa l'epocadell'epitomatore; sembra sia da escludersi un anno posteriore al 63 a. C., a causa dellanotizia di 15, 37; il terminus post quem si può segnare nell'anno 124 a. C. (cf. 1, 9). Quindila data più probabile cadrebbe circa il 160 a. C.

BIBL. - F. M. ABEL. Le livre des Maccabée. Parigi 1949; A. PENNA. 1-2 Maccabei. Torino1952.MACCABEI ed Asmonei (Storia). - La denominazione di M. deriva dall'estensionea tutta la famiglia del soprannome di Giuda, terzogenito figlio di Mattatia (165-160 a. C.).Le gesta dei M. trovarono un'eco molto affievolita e talvolta falsa negli storici pagani,mentre formano il tema dei due libri omonimi (v.), dal primo dei quali dipende in gran parteFlavio Giuseppe.Si sa poco del sacerdote Mattatia (I Mach. 2, 1-70), cui si deve l'inizio della rivolta.Morendo egli affidò la direzione militare al figlio Giuda (ivi, 3, 1-9, 22; 2Mach. 8, 1 ss.) checompì fortunate imprese guerresche contro i vari contingenti dei Seleucidi, spediti inPalestina. Egli poté purificare il Tempio (v. Antioco Epifane) già profanato dai pagani e daGiudei ellenistici, e stringere alleanza con Roma, ma in pratica, alla sua morte in battaglia,lasciò la Giudea sotto il dominio seleucida ed il Tempio in mano a sacerdoti ellenistici,mentre i suoi seguaci dovevano rifugiarsi nella steppa. Il fratello minore, Eleazaro, l'avevapreceduto nella morte (I Mach. 6, 43-46).Dei tre fratelli superstiti, Simone continuò ad essere consigliere morale e dirigentepolitico secondo la volontà del padre (ivi, 2, 65), mentre Gionata assunse l'eredità di Giudanella lotta contro la tirannia straniera. Giovanni, a quanto pare, era incaricato dei servizilogistici; ma fu subito ucciso in un'imboscata da una tribù Nabatena (ivi, 9, 35 ss.). Aiutatodalle continue lotte intestine del regno Seleucida dopo la morte di Antioco IV, Gionata(160-142 a. C.) con la sua astuzia, mostrando grande coraggio e non disdegnandoalleanze diplomatiche, riuscì ad indebolire fortemente il prestigio seleucida in Giudea. Egliottenne numerose concessioni ed esenzioni economiche; fu insignito del sommosacerdozio (ivi, 10, 20) ed in pratica governò su la Giudea. Tuttavia non riuscì ad eliminareil presidio siriaco nell'Acra di Gerusalemme. Fu preso a tradimento da Trifone, cui peròtenne testa subito Simone, che aveva sostituito con risolutezza il proprio fratello.Simone (142-135 a. C.) portò a termine l'opera di Giuda e di Gionata. Dapprima cercòdi venire a patti con Trifone, che lo ricattò con la promessa di liberare il prigioniero, quindipassò dalla parte di Demetrio II, che si affrettò ad elargirgli le massime concessioni. Ormail'alta sovranità seleucida era quasi svanita del tutto. Nel 142-141 il popolo si consideròformalmente libero ed indipendente (I Mach. 13, 41 s.). Il 23 del mese Ijjar (maggio) del141 si arrese anche il presidio dell'Acra, già da lungo tempo isolato. Era la pienaindipendenza, rafforzata da relazioni diplomatiche (ivi, 14, 16-24; 15, 15-24).Un'assemblea popolare (ivi, 14, 25-49) conferma le varie prerogative accumulatesi nellafamiglia dei M., le quali si compendiavano nella suprema autorità civile (senza il titolo di re)e religiosa. Antioco VII Sidete tentò di annullare la nuova situazione creata si in Giudea,ma il suo intervento si risolve in un insuccesso (ivi, 15, 25-16, 10). Simone fu assassinatoda un suo genero, un certo Tolomeo, cui era stata affidata la fortezza di Doq sul montedella Quarantena presso Gerico. Nonostante la lunga e minuta preparazione del delitto,l'assassino non riuscì a prendere il controllo della Giudea. Fu prevenuto da Giovanni

Ircano, cui il padre Simone aveva affidato un importante incaricato militare (ivi, 13, 53; 16,3.21 s.).Con Giovanni Ircano (135-104) inizia la dinastia, che si suole chiamare Asmonea dalnome di un antenato dei Maccabei (Giuseppe, Ant. XII, 265 unica fonte, adesso, e nonsempre attendibile). All'inizio il giovane re dovette superare non poche difficoltà neiriguardi di Antioco VII, che, chiamato dal ribelle Tolomeo, intendeva riaffermare il suodominio in Giudea. Solo la preoccupazione per le frontiere del nord e, forse, la paura diRoma convinsero il re Seleucida a venire a patti col principe asmoneo assediato inGerusalemme. Il suo lungo regno vide prosperità e benessere; la conquista e l'annessionedefinitiva dell'Idumea e della Transgiordania, alle quali fu imposta la circoncisione e lareligione giudaica. All'interno, Ircano entrò in ostilità aperta con i Farisei, finora sostenitoridei M. I Farisei osteggiavano particolarmente l'unione della dignità sacerdotale con quellacivile, realizzata si nella casa regnante.A Giovanni Ircano successe il primogenito Aristobulo I, che morì presto (103-102) esenza figli. La moglie Alessandra liberò tre dei suoi cognati ancora vivi, assegnando ilsommo sacerdozio al maggiore di essi, che con molta probabilità la regina sposò. Questofiglio di Ircano si chiamava Gionata (abbreviato in Ianneo) ed ellenisticamente,Alessandro. Egli assunse il titolo di "re" e regnò dal 102 al 76. Generale capace esprezzante della fatica, Alessandro Ianneo riportò vari successi nelle sue campagne diconquista; ma fu crudele e tirannico e per nulla degno della carica di sommo sacerdote.Sempre in lotta con i Farisei, che perseguitò con tenacia. Questi arrivarono ad invocarel'aiuto straniero, venendo meno ad una delle loro affermazioni più recise. Demetrio IIIEuchero venne e sconfisse Alessandro Ianneo a Sochem; ma il pericolo di un nuovoasservimento ai Seleucidi indusse i Farisei ad abbandonare Demetrio, che si ritiròdisgustato.Il re continuò nelle sue imprese e nelle sue vendette; morì assediando una fortezzadella Transgiordania (Giuseppe, XIII, 395-98),Per amore della dinastia e con perspicacia, prima di morire egli consigliò alla moglieAlessandra Salome una politica di accosta mento benevolo con i Farisei. La capitolazioneimprovvisa del re disarmò costoro, che gli diedero una sepoltura solenne e subito siaccinsero a spadroneggiare sotto l'accondiscendente regina (XIII, 409). Questa, che regnòuna decina d'anni (75-66), nominò suo figlio Ircano, d'indole quieta ed alieno da ogniaspirazione, sommo sacerdote, mentre cercò di mettere da parte l'altro suo figlio,l'intraprendente Aristobulo. Se talvolta la regina si mostrò abbastanza sagace, essaseminò le molteplici discordie future con l'ingiusta e miope preferenza per l'imbelle Ircanoe con la piena libertà lasciata ai Farisei. La sua morte, infatti, segnò l'inizio della guerracivile. Aristobulo prese subito il sopravvento sul fratello, che dopo tre mesi di regno fucostretto a ritirarsi a vita privata. Ircano spinto dall'idumeo Antipatro, cortigiano interessato,si rifugiò presso il re Areta, che cercò di rimetterlo sul trono con le armi; ma non riuscì aconquistare Gerusalemme. Antipatro brigò allora presso i Romani, e riuscì a far preferireda Pompeo (già nel 65 favorevole ad Aristobulo) l'imbelle Ircano. Pompeo occupaGerusalemme nell'autunno del 63 a. C., e pone Ircano col titolo di "etnarca" su la Giudea,

la Galilea ed alcuni distretti della Transgiordania e dell'Idumea, ma sotto la sorveglianza diScauro governatore della nuova provincia di Siria. Egli condusse con sé a Roma, perornare il suo trionfo, Aristobulo con i figli Antigono ed Alessandro. Questi, riuscito a fuggiredurante il viaggio, verso il 58 riappare in Palestina ove riunisce il partito favorevole a suopadre. L'inetto Ircano si rivolse al comandante romano Gabinio, che intervenne sempre piùdirettamente anche nelle questioni interne. Nel 56 compare di nuovo in Giudea lo stessoAristobulo con l'altro figlio Antigono, ma presto fu fatto prigioniero.L'idumeo Antipatro, aiutato dallo scaltro figlio Erode, contribuì più di ogni altroall'estinzione della dinastia asmonea. Aristobulo morì nel 63; Ircano II fra moltepliciperipezie giunse fino al 30 a. C. Il nipote Antigono, spodestato da Erode nel 37, fusoppresso dal triumviro Antonio.[A. P.]BIBL. - M. J. LAGRANGE, Le Judaisme avant Jesus-Christ, 3a ed., Parigi 1931, pp. 47-61.91-10S, 131-48; F. M. ABEL, Histore de la Palestine, I, ivi 1952, pp. 130-264, 287-96, 31044.MACCABEI (III e IV libro dei). - v. Apocrifi.MADDALENA. - v. Maria (di Bethania, ecc.).MADIAN-MADIANITI. - Il nome forse di origine hurrita, in ebr. è midhjan, greco ***.Figlio di Abramo e di Qetura (Gen. 25, 2), capostipite dei M., popolo di nomadi, nell'internodel deserto siro-arabico (Gen. 25, 6), donde penetrano nel territorio di Moab. Qui sonobattuti da Badad, quarto re di Edom (Gen. 36, 35). Figurano come mercanti nella storia diGiuseppe (Gen. 37, 28.36), spesso confusi cogl'Ismaeliti ai quali si uniscono persaccheggiare o per formare carovane di commercio.Mosè, fuggito dalla corte egiziana, si rifugia presso Ietro (v.), non lontano dal Sinai, traEdom e Paran, sulla strada d'Egitto; e sposa la figlia Sefora, dalla quale ha due figli,Gersam ed Eliezer (Ex. 2, 14 s.; 18, 1 ss.). Il clan madianita conosce molto bene la via dalSinai verso il Nord (Ex. 18, 27; Num. 10, 29 ss.).I M. riappaiono ad 'Arboth Moab, a nord-est del Mar Morto, dove sono uno scandaloper gl'Israeliti. In una lotta contra questi perdono cinque capi rappresentati come vassalli diSehon, re degli Amorrei (Num. 22, 4.7; 25, 5-15; 31; Ios. 13, 21). Agl'inizi della storia deiGiudici i M. compiono, uniti ad Amàlec e a Benè Qedem (cf. Gen 23, 6) razzie periodichenel territorio di Canaan, inondando coi montoni e i cammelli le campagne coltivate.Gedeone li mette in fuga e cattura i capi madianiti Zebah e Salmana a Qarqor (Iudc. 6, 8).M., come termine geografico (eres M.; LXX ***) è noto a Flavio Giuseppe (***) cherievoca il ritiro di Mosè presso il Mar Rosso (Ant. II, 11, 1), a Tolomeo sotto il nome di

Madiama (Geogr. 11, 7, 27), a Eusebio (Onom. 124), a s. Girolamo (In Is. 60, 6; In Ez. 25)e al Corano, che indicano una regione e una città nell'Arabia, lungo le coste orientali delgolfo di Aqaba. Gli Arabi fissano M. ad Hawra, presso l'oasi di el-Bed' o Mogiayer Shu'aib(il nome è identificato spesso a Ietro). Oltre l'episodio del suocero di Mosè, si hanno altriindizi per l'antichità dell'installazione dei M. al sud: l'unione dei M. (per Albright l'identità) aiCusiti o Etiopici, provenienti dal sud-Arabia e che figurano nella genealogia di Seba' e diDedan (Hab. 3, 7; Ex. 2, 16; Num. 12, 1); la discendenza di 'Ephàh da M. (Gen. 25, 4). Sei M. non sono espressamente nominati tra i popoli che, nel 73-2, portano a TeglatfalasarIII, oro, argento, profumi e cammelli in segno di sottomissione, si può ammettere che sonorappresentati semmai dagli abitanti della città di Haiapa che appaiono dopo i Sabei. OraHaiapa corrisponde a 'Ephàh che Is. 60, 6 unisce a M. e a Saba. Anche qualche nomedegli altri figli di M. (Gen. 25, 4) come Epher, Hanòk, Abida (Ibadidi dei testi assiri), Eldaaappare in iscrizioni sabeo-minee e nella toponomastica dell'Arabia meridionale. [F. V.]BIBL. - F. M. ABEL, Géographie de la Palestine, I, Parigi 1933, P. 285 ss.; W. F.ALBRIGHT, in BASOR, 83 (1941) 84, n. 8; H. H. ROWLEY, From Joseph to Joshua,Londra, 1950, p. 152 s.MAGI (I). - Personaggi venuti dall'Oriente a Betlemme, guidati da una stella, per adorareil Re dei Giudei (Mt. 2, 1-12).Dopo gli studi del P. G. Messina è indubbio il legame fra i M. e il riformatore dellareligione iranica, Zarathustra. M. partecipi del dono (nell'Avesta: magavan, moghu), e ildono è la dottrina di Zarathustra; cioè seguaci o discepoli di ZarathustraLa tradizione letteraria che descrive i M. quali astrologhi ed indovini è di epocaposteriore e deve la sua origine soprattutto a Bolos di Mendes, fondatore della scuola neopitagorica di Alessandria, intesa a studiare le attività magiche delle pietre e delle piante.Da allora i M. furono confusi con i Caldei di Babilonia e con i maghi egiziani, e perciòconsiderati stregoni e fattucchieri. Tale concezione ebbe enorme credito presso il popolodal II sec. a. C. fino al tardo Medioevo. Per i tempi del N. T., cf. At. 13, 6 ss. (Il magoElima-Barjesu) e 8, 9 (Simone il mago ***). Si ebbero però vivaci proteste dal sec. III a. C.al sec. III d. C. presso scrittori bene informati sui M. e la loro dottrina, differenziandolinettamente dai Caldei (Dinone, Dione Crisostomo, Porfirio). La maggioranza degli scrittoricristiani, soprattutto gli Orientali e tra questi i Siri (che erano a contatto più immediato con iM.) ce li presentano come seguaci di Zarathustra, in opposizione ai Caldei e ai sacerdotiegiziani.Le testimonianze storiche e letterarie ora esposte ci portano a cercare la patria dei M. inPersia, cui può benissimo riferirsi n termine generico "Oriente" (Mt. 2, 1; cf. Is. 41, 2).Alcuni Padri pensarono all'Arabia, perché interpretavano alcuni testi del V. T. inconnessione con la venuta dei M. (Ps. 72, 10.15; Is. 8, 4). Ad essa pensano, comeidentificazione geograficamente più facne, anche molti moderni (Lagrange, Lebreton,Prat). Oggi sul carattere miracoloso della stella, considerata come una meteora prodottadirettamente da Dio, è quasi unanime l'accordo degli esegeti. I tentativi di Keplero che vi

vedeva la congiunzione di Giove con Saturno (7 a. C.) o di altri che vi hanno riconosciutala cometa di Halley (12 a. C.) non possono adattarsi al testo.L'idea che ha preparato questi M. a ricercare e a riconoscere il Salvatore, sarà stataquella del "soccorritore". Nell'Avesta (v. Persiani) ricorre l'idea di uno (o più) soccorritore"Saushjant" che nelle Glithas è un personaggio storico, presente e reale, mentrenell'Avesta posteriore è prevalentemente escatologico; negli scritti medio-persiani la suaattività è inquadrata nel sistema cronologico dei 4 trimillenni in cui è divisa l'età del mondo.Scopo del suo apparire è il trionfo definitivo del Bene, cioè del regno di Ahura-Mazdahcontro quello di Anra-Mainju. Suo nome è Astvat-ereta "verità incarnata": i lineamenti delSau-shjant sono ricalcati su quelli dei mitici eroi persiani; Un tratto mitico, totalmenteassente nelle Gathas, è la sua nascita da una donzella rimasta incinta dal seme diZarathustra custodito dai regni nel lago Kajanseh dove la fanciulla andrà a bagnarsi. Dalladottrina cronologica medio-persiana si sa che i soccorritori appariranno alla fine di ognimillennio del quarto periodo del mondo e che n primo apparirà mille anni dopoZarathustra; se quest'ultimo è vissuto, secondo la notizia più antica di Xantos, verso il1082 a. C., il Saushjant doveva aspettarsi verso il principio dell'era nostra. Tali credenzeerano note anche ai cristiani (soprattutto siri), i quali, pur conoscendo che Zarathustra nonapparteneva al popolo giudaico, fanno di lui un profeta precristiano e messianico. Ilravvicinamento del Saushjant con n Messia ebraico era già stato iniziato da scrittori giudeiin contatto dei Persiani fin dal tempo di Ciro. («Oracoli di Istaspe»).«Fu soprattutto la dottrina del "Soccorritore" che formava un ponte per riunire i M. aiGiudei e ai cristiani. e la propaganda giudea si servì di questa dottrina per attirare iPersiani ad ammettere e ad aspettare quello che essi stessi aspettavano. Nel mondopagano non c'era quindi gente meglio preparata dei M. per seguire l'appello degli astriverso Betlemme». (Messina, p. 95). Mentre il testo nulla dice del numero, dei nomi, latradizione ha variato il numero dei M. da un minimo di 2 ad un massimo di 12; ma il piùcomune è di 3, dedotto dal numero dei doni. I nomi di Gaspar, Balthasar e Melchior nonrisalgono oltre il secolo IX. La stessa incertezza riguarda il tempo della loro venuta che lasentenza più comune pone dopo la Presentazione al Tempio. La regalità attribuita ai M. das. Cesario di Arles in poi non ha fondamento. I doni sono tipicamente orientali. Qualcunotenterebbe a vedere nel primo dono non l'oro ma un aroma, in armonia con l'incenso e lamirra (G. Ryckmans, in RB, 3 [1951] 372-76).[S. R.]BIBL. - G. MESSINA, I Magi a Betlemme e una predizione di Zoroastro, Roma 1933; H.SIMON - G. DORADO, Praelectiones Biblicae, N. T., I, Torino 1947, pp. 331-38; G.RICCIOTTI, Vita di Gesù Cristo. 3a ed., pp. 285-88.MAGNIFICAT. - È il cantico (così denominato dalla prima parola nella versione latina),pronunziato dalla SS. Vergine in occasione della sua visita ad Elisabetta sua parente (Lc.l, 46-55). Ne aveva dato lo spunto la stessa Elisabetta, la quale, al primo apparire dellaVergine, illuminata dallo Spirito Santo, l'aveva salutata «Madre di Dio» (Lc. 1, 41 ss.).

Il M. è un inno di lode all'Onnipotente, per il mistero dell'Incarnazione che,silenziosamente, si era compiuta nel castissimo seno della Vergine, e sviluppa questiconcetti: a) nonostante la pochezza (*** bassezza, miseria) della sua serva (*** schiava), Dio ha compiuto in Lei grandi prodigi (immacolata Concezione, divina Maternità,perpetua verginità, favori tutti, che "esigevano", poi, l'assunzione in Cielo), e perciò tutti ipopoli la proclameranno "Beata" (46-48); b) le meraviglie operate in Maria, come pure imolti altri favori concessi da Dio lungo il corso dei secoli ai suoi servi fedeli ( quelli che lotemono), mettono in chiara luce i suoi tre fondamentali attributi: la potenza, la santità, lamisericordia (49-50); c) con particolari, desunti dalla condotta ordinaria della Provvidenza,vien messo in evidenza il costante intervento di Dio per proteggere gli umili ( poveri) econfondere i potenti orgogliosi (51-53); d) principale beneficiario di tanti favori è statoIsraele, col quale Dio ha mantenuto tutte le promesse fatte ad Abramo (v.) e alla suadiscendenza, specie quella secondo cui il Messia sarebbe nato dalla sua stirpe (Gen. 12,3; 22, 17-18; Gal. 3, 16) (54-55).Le reminiscenze bibliche di cui ridonda il M., imprestate dai Salmi, e soprattutto dalcantico di Anna, madre di Samuele (1Sam 2, l-10), hanno dato occasione ai critici dimettere in dubbio la storicità del documento, che vien definito «un salmo giudaico»,oppure «un mosaico di formule preesistenti, messe insieme dall'Evangelista o dall'autoredella sua fonte».Circa le frequenti reminiscenze, non c'è da stupire quando si pensi, che per i pii israeliti,la Bibbia era l'unico alimento dello spirito, in maniera che quasi per istinto i suoi testi siaffollavano sulle labbra, quando, sotto l'impero di un'emozione religiosa, si accingevano aringraziare, a impetrare, o comunque a pregare Dio. Per quanto, tuttavia, alcuneespressioni siano prese da scritti precedenti, il M. ha un tono personalissimo; basta, oltretutto, richiamare il v. 48: Ha posto gli occhi sulla bassezza della sua serva, che hannoperfetto riscontro nell'umile atteggiamento della Vergine di fronte all'angelo: Ecco la servadel Signore (Lc. 1, 38). In altre parole, è avvenuto nel M. quello che accadeva nei tempiantichi, ai costruttori cristiani: le pietre, i mattoni, magari pezzi di marmo, venivano tolti dipeso dai templi pagani, ma la Basilica aveva un'altra anima, un altro stile, un altro volto!Alla fine del secolo scorso, specie ad opera di Loisy (Harnack è più mite) si è tentatointorbidare le acque sull'autrice del M., perché si era venuto a scoprire (l'aveva già notatoWetstein nel 1751) che alcuni codici dell'antica versione latina e altri codici pure latini delleopere di s. Ireneo e di Origene, al v. 46, invece di «Ait Maria» leggevano «Ait Elisabeth».Come è stato ben detto, si tratta di «una stranezza istigata dall'amore di novità»; infatti lesporadiche, incerte testimonianze in contrario, sono letteralmente polverizzate dallaunanime testimonianza di tutti i codici greci e di tutte le versioni (copte, siriache, latine). Vainoltre sottolineato, che nel M. di proposito è evitata l'allusione alla sterilità (1Sam 2, 5), ciòche Elisabetta non avrebbe certamente omesso, essendo sterile essa stessa (Lc. 1, 37).Senza poi dire, che in bocca ad Elisabetta, non avrebbero alcun senso le parole del v. 48:Tutte le genti mi chiameranno beata. Il pettegolezzo critico è morto, dunque, sul nascere;ha pure validamente contribuito la Pontificia Commissione Biblica, con un decreto del 26giugno 1912 (Denz.-U. 2158).

Nella liturgia latina il M., da tempo immemor

M _ MACCABEI (I e II libro dei). - Dal soprannome (Maccabeo, spiegato come equivalente a Martello oppure, forse meglio, a Designato o Designazione di Iahweh, supponendo in ebraico un maqqabhiahù da naqabh) del principale promotore della rivolta antiseleucida si chiamano libri dei M. o maccabaici gli scritti canonici, che narrano tale